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Valloriate: mille anni di storia



Il nome.  "Valloriate" è un nome ufficiale, creato nel 1863, all'alba del nuovo Stato unitario, per indicare il Comune che occupa i circa 17 km 2  di una valle laterale (la seconda, dopo quella di Rittana) della Valle Stura di Demonte (sinistra orografica). La valle prende origine, orograficamente, dal Becàs di Mezzodì (Becàs dal mesjourn, 1900 m., poco sopra e a Est del Colle dell'Ortiga),  e sfocia nella Valle Stura all'altezza di Gaiola.
 Il nome precedentemente usato era "Valloria di Cuneo" (Casalis, 1853), forma italianizzata (e spesso usata, nei documenti latini, con le varianti "Valoria" e "Valoyra") per Valàouria (Valàuria in grafia norm.). Compare anche, nei documenti latini, la forma pseudoetimologica Vallis aurea.
Gli abitanti sono chiamati "Valloriani" o "Valloriatesi", e i Valourian  nella parlata locale, di area occitana (anch'essa definita 'l valourian).

In realtà il termine Valloriate/Valàouria ha sempre indicato l'insieme del territorio, cioè l'intera vallata, nelle sue varie articolazioni abitative: il paese in fondovalle, sede del Comune e della chiesa parrocchiale, chiamato però "La Villa" (La Vila), articolato a sua volta in diverse borgate, o rouà; e le frazioni, o borgate (rouà) sparse lungo tutto il territorio, sulla sponda sinistra orografica (Adrech),  sulla destra (Ubàe) e nella parte alta del fondovalle (Valoun).

Età antica. Non abbiamo prove materiali dell'insediamento, in forma stabile, di popolazioni pre-celtiche (i Liguri) e celtiche. Le uniche tracce sono quelle toponomastiche, a cominciare dallo stesso nome Valàouria, probabilmente di origine prelatina, e quindi ligure, riconducibile alla radice *aur-, frequente nella toponomastica alpina da Ovest a Est (Aurina, Auronzo, Ora, Valloria, Valoire). Altri toponimi sono di origine celtica (Scoumba). I nomi dei luoghi, nel loro insieme, appaiono comunque di origine prevalentemente romanza, ossia neolatina.
Anche di una eventuale presenza romana non rimangono tracce sicure; poiché la valle offre comunque la possibilità di raggiungere Demonte senza passare dalla stretta di Moiola, si può ipotizzare che fosse in qualche modo controllata a tutela della Via Aemilia, che percorreva l'intera Valle Stura e valicava le Alpi.

Medioevo.  Più sicure invece le origini altomedievali di Valloriate, da collegarsi al ripopolamento del Piemonte sudoccidentale, e del Cuneese in particolare, dopo le distruzioni operate da Ungari e Saraceni verso la metà del X secolo, in cui furono devastati centri importanti, come Pedona (presso l'attuale Borgo San Dalmazzo).
Verso l'XI secolo, infatti, è attestata l'esistenza del priorato benedettino di S. Michele di Valloriate, con un edificio di culto poi inglobato nell'attuale parrocchiale, che ne conserva ancora l'ingresso originario e parti dell'abside. Intorno al priorato, forse inizialmente proprio di fronte ad esso, sul costone del "Serre", che sbarra l'ingresso della valle, si sviluppò il paese di Valloriate. Gli stessi termini di Bastia  (la borgata che affianca la Parrocchiale; il nome significa "luogo fortificato") e di Villa (Vila) sono un segno di queste origini lontane. La prima traccia sicura dell'esistenza del paese è in un documento del 1197 (l'infeudazione della bassa Valle Stura al marchese di Saluzzo Bonifacio) e poi in altri del 1224, del 1270, e così via.

XIII-XIV secolo: probabilmente in quest'epoca si hanno i primi tentativi di costituirsi in Comune, sull'esempio di Cuneo (1198); ma gli abitanti devono destreggiarsi tra il controllo dei marchesi di Saluzzo (a cui in sostanza si sottomettono, pur in forma di contratto con obblighi reciproci, nel settembre del 1224) e il successivo dominio degli Angioini, che occupano la Valle Stura dal 1250 ed entrano in conflitto con il marchese di Saluzzo, fino a quando quest'ultimo (1275, battaglia di Roccavione) riprende il controllo della regione. Nella persona della regina Giovanna (1326-1382 ), gli Angioini si impossessano nuovamente della bassa Valle Stura e infeudano di varie località, tra cui Valloriate, il signore di Salmòur,  Franceschino Bolleris. Alla regina Giovanna sono legate, com'è noto, diverse leggende, riferite alla sua fuga da Napoli in Provenza per sfuggire alle minacce del cognato Luigi d'Ungheria, che l'accusava della morte del marito, Andrea d'Ungheria (fratello di Luigi). Nel percorrere la Valle Stura, infatti, la regina sarebbe passata proprio da Valloriate, lasciando traccia del suo passaggio alla Queréa 'd la Reira Jana , al confine tra Valloriate e Gaiola, e, secondo don Cristini (che raccoglie una leggenda locale oggi non più conosciuta) insegnando alle donne di Valloriate a fare il burro.
Una ricognizione del 1386 sulle chiese della Diocesi torinese cita (per la prima volta in un documento conservato fino ad oggi) la Chiesa di San Michele.

XV-XVI secolo.
Valloriate, ormai Comune, definisce a più riprese, dal 1411 fino al 1565, i propri confini e i diritti di pascolo e legnatico con i vicini Comuni di Gaiola e Rittana (con cui riprenderà  la controversia, a più riprese, arrivando a una conclusione che fissa gli attuali confini comunali, che eccedono la linea di spartiacque a favore dei valloriani, nel 1724, ma con altri strascichi fino al 1777).
Il paese, progressivamente, si inserisce nei grandi cambiamenti della storia piemontese, quando tutta l'area della Valle Stura, dopo il 1559 (trattato di Cateau Cambrésis) passa sotto il pieno e stabile controllo sabaudo.
Da quest'epoca inizia la nostra conoscenza dei nominativi dei parroci di Valloriate: il primo è Don Matteo Miraglio (1500?-1540?).

XVII secolo: per questo periodo storico si dispone di molte informazioni, di ogni genere, presenti negli archivi comunali (il catasto più antico rimasto è del 1666 circa) e in quelli parrocchiali (il più antico registro dei battesimi, matrimoni e morti risale al 1617). Nel 1630 il paese è sfiorato dalla peste, che devasta Gaiola (tra i luoghi vicini) e però risparmia Valloriate.
Ma il fenomeno determinante è quello della nascita delle borgate, legata alla ripresa demografica e a un diverso rapporto produttivo e abitativo col territorio.
Nell'insieme della vallata, le zone comprese tra i 700 e i 1000 metri di quota furono prevalentemente destinate alla coltivazione dei castagneti da frutto, mentre le zone al di sopra di questa linea ideale furono lasciate alle coltivazioni (segale, grano saraceno, frumento, trifoglio) e al pascolo. Probabilmente a quest'epoca risale la formazione di vaste zone prative e il disboscamento della principale montagna che incombe sulla valle, il monte Tajaré, i cui fianchi erano divenuti territorio comunale anche sul versante di Rittana.
Gli abitanti di Valloriate espansero verso l'alto gli insediamenti abitativi, prima limitati al fondovalle, collocandoli per maggiore comodità logistica (nei lavori stagionali  di manutenzione, seminagione e raccolta) nella zona intermedia tra due tipi di terreni produttivi, i boschi e i seminativi. È questa l'origine delle borgate, o frazioni, o rouà, che aumenteranno fino a superare la trentina nel corso dei secoli successivi (per l'elenco completo, e la storia delle singole borgate, vedere la categoria "frazioni" nella barra delle categorie di questa pagina, in alto).

Si viene quindi a configurare la divisione dell'intero territorio abitato in quattro settori:
- la Villa (Vila)
- il Vallone (Valoun), con le borgate di fondovalle a Ovest della Vila
- l' Adrech (il versante esposto a Sud, sinistra orografica: "Adritto", o "Solatìo").
- l' Ubàe (il versante esposto a Nord, destra orografica: il nome viene dal latino opacum; "Ubacco", "Ubai", e cfr. il toponimo francese Ubaye)

Alla lontananza dell'unica chiesa, ricostruita ed ampliata verso la fine del secolo (1680), si rimedia  edificando le cappelle (le chapéla) per agevolare la vita religiosa degli abitanti che vivevano più lontano (vedere la voce nella barra delle categorie)

XVIII secolo. Si può documentare che la popolazione di Valloriate (Villa e borgate) ha superato il migliaio di unità: nel 1778 essa infatti assomma a 1116 persone, tra le quali 15 tra chierici, studenti e soldati, e 50 "poveri e mendicanti" (Cristini p. 38). Il bestiame ammontava a 566 tra vacche, asini e cavalli, e 349 tra capre e pecore. Alla metà del secolo risalgono anche le prime testimonianze sul fenomeno dell'emigrazione stagionale, soprattutto di falciatori nell'epoca della fienagione.
Su questo periodo la documentazione è ampia, essendosi conservati gli Ordinati del Comune: la Villa ebbe una scuola, con maestro a carico del Comune; lo stesso Comune acquistò una casa per  tenervi le proprie  riunioni (tra l'altro, il Sindaco era eletto per la durata di un anno, e si ebbe cura di ruotare nella scelta della persona tra le tre aree della Villa, dell'Adrech e dell'Ubàe); il paese fu dotato di un medico ("flebotomo"); venne regolamentata la produzione e la vendita del pane; sul campanile della parrocchiale fu installato un orologio; vennero introdotti (1782) i termini di confine (termou) delle proprietà.
La rete delle borgate si ampliò ulteriormente.

Il paese è naturalmente coinvolto nei due grandi avvenimenti del secolo: l'invasione dei franco-spagnoli (estate-autunno 1744), che causerà, direttamente o indirettamente, cinque vittime, e porterà al saccheggio della Villa da parte delle truppe in ritirata verso la Francia, e la Rivoluzione Francese.
Valloriate venne occupata dalle truppe francesi (che avevano attaccato dal basso la Valle Stura a metà luglio 1799) dal 5 settembre al 25 ottobre; il 9 novembre, a seguito di una ritorsione per l'uccisione di un soldato dell'esercito francese ormai in ritirata, la Villa venne messa a ferro e fuoco. Ne conseguì un periodo di carestia con  un alto tasso di mortalità (72 decessi nell'anno 1800).

Continuano comunque anche per questo secolo l'espansione demografica e la fondazione di nuove borgate; la conseguenza è, come nel secolo precedente, la costruzione di nuove Cappelle.

XIX secolo. È ancora da studiare in dettaglio l'insieme delle conseguenze del passaggio al nuovo Stato unitario per la vita quotidiana e lo sviluppo economico e sociale della valle di Valloriate. Il paese compare nella ricognizione del Casalis (vedere la sezione "Biblioteca" del nostro sito), a metà secolo, quando aveva ormai superato i 1500 abitanti (con una crescita demografica rispetto al primo quarto: 1290 nel 1830). A fine secolo (1897) gli abitanti risultano 2122, con larga prevalenza numerica delle 34 rouà.  Sovrappopolazione e difficoltà legate a periodiche carestie, specie nella prima parte del secolo, difficilmente affrontabili nell'ambito di una economia di sussistenza, spinsero all'emigrazione stagionale verso la pianura e, alla fine del secolo, verso la Francia. Anche la frammentazione delle proprietà, dovuta alla crescita della popolazione, peggiorava il quadro complessivo di disagio sociale. La lotta all'analfabetismo fu combattuta con il supporto delle prime scuole pubbliche (1897).

XX secolo e primo conflitto mondiale.
Il quadro iniziale è quello precedentemente descritto. Aumentano sia la popolazione (con un picco di 2152 abitanti nel 1913: dopo questa data, calerannno continuamente) che l'emigrazione stagionale, ormai diretta verso la Francia e con cifre record (800 persone nella stagione invernale, sempre nel 1913).
La Prima guerra mondiale costerà a Valloriate 57 caduti, su poco più di 300 arruolati; queste centinaia di persone assenti dalle loro borgate per quattro anni peseranno ulteriormente sulle difficili condizioni di vita dei valloriani.

Il dopoguerra.
Una figura importante per la vita religiosa, ma anche culturale di Valloriate è quella del parroco don Cristini, che nei dieci anni del suo incarico (1919-1929) studiò la storia locale e ne curò la memoria, anche attraverso il "Bollettino della Parrocchia di San Michele di Valloriate", il cui primo numero uscì nel marzo del 1924. Mentre il Bollettino segue e fa conoscere  con regolarità molti aspetti della vita della comunità, le ricerche condotte nell'Archivio della parrocchia e spesso esposte in singoli articoli del Bollettino gli permetteranno di far uscire molti anni dopo, nel 1959, un libricino di 80 pagine che costruisce, con acutezza e attendibilità, la prima sintesi della storia di Valloriate.
Nel frattempo è arrivato il fascismo; dal 1926 Valloriate non ha più un sindaco, ma un podestà; l'emigrazione aumenta e cifre ormai significative di valloriani tendono a stabilirsi definitivamente in Francia (soprattutto nella zona di Hyères). I tentativi di trovare altre fonti di produzione che non si limitino all'agricoltura non approdano a nulla (senza risultati i sondaggi per l'estrazione di carbone nell'area del Valoun).

Il secondo conflitto mondiale 1940-1943 e la Resistenza 1943-1945. Anche il secondo conflitto, per quanto produca un minor numero di vittime (complessivamente 28 combattenti, di cui due partigiani, e tre civili), lascia un segno profondo nella collettività dei valloriani, che come si è detto è rapidamente diminuita rispetto all'inizio del secolo (1693 abitanti nel 1931). La guerra contro la Francia, l'invasione della Russia col suo carico tragico di dispersi (quindici persone), imilitari internati dopo l'8 settembre rendono il regime sempre più inviso. È forse anche per queste ragioni che Valloriate ricopre un ruolo non secondario nella storia della Resistenza nel Cuneese. La valle diventa uno degli assi di scorrimento per le comunicazioni e i rifornimenti nella prima fase di storia della "Banda Italia Libera", nucleo delle future formazioni GL, attestata nella vicina borgata di Paralouf (o Paralup, nella valle di Rittana ma presso il confine tra i due Comuni). Ed è a Valloriate che si tiene un importante convegno tra i comandanti delle varie formazioni operanti nel Cuneese, cui partecipa anche un ufficiale alleato (gennaio 1944). Fino all'aprile 1944 sono di stanza nella Valle alcuni distaccamenti: al Sapé, al Colle di Valloriate ("banda - o gruppo- del Fortino", guidata da Ettore Rosa, primo sindaco di Cuneo libera nel 1945), ai chabot di Cavagna (sopra la borgata Chiotti). Vengono anche aiutati e protetti alcuni gruppi di ebrei, provenienti da Saint-Martin-Vésubie, che si erano sottratti all'imprigionamento nel campo di transito di Borgo San Dalmazzo e tentavano di sfuggire alla deportazione ad Auschwitz.
Segnaliamo, tra i nove  valloriani che hanno partecipato in modo attivo alla Resistenza (ma anche buona parte della popolazione è coinvolta in quella che è stata poi chiamata "Resistenza civile"), la figura di Tommaso Renaudo "Gino" (originario della borgata Dounis), medaglia d'argento al valor militare, attivo nella banda di Boves (settembre 1943), poi passato nelle formazioni GL sorte dalla Banda Italia Libera, protagonista di molte azioni partigiane e morto in combattimento in Valle Grana, nel febbraio 1945.
Un altro protagonista della Resistenza è Giovanni Monaco "Nino", originario della borgata Donia, salito in banda a Paralouf nell'ottobre 1943, e diventato un noto comandante partigiano, stretto collaboratore e amico di Nuto Revelli e Dante Livio Bianco, autore negli anni Cinquanta di un significativo libro di memorie della Resistenza, Pietà l'è morta.
Oltre all'uccisione di Giovanni Gallo, in un rastrellamento, Valloriate è stata anche teatro di una efferata strage di civili, quella della borgata Còoutre (21 aprile 1944), costata la vita a tre persone (il marito di una delle vittime si tolse la vita per la disperazione il giorno dopo).

Il secondo dopoguerra. È interessante notare come Valloriate, nel referendum del 2 giugno 1946, fu il paese con la più elevata percentuale di voti a favore della Repubblica: 425 (su 501), pari all'84% (la media della Provincia di Cuneo fu del 43%). Nell'elezione della Costituente il partito con più voti fu il PSI (279), seguito a distanza dalla DC con 108.
La storia del paese è comunque contrassegnata da un progressivo declino dovuto all'emigrazione (diventata massiccia negli anni Cinquanta-Sessanta) e alla caduta demografica. Tuttavia valloriani rimasti (ancora più di duecento negli anni '80-'90) hanno saputo conservare il territorio mantenendone intatte molte caratteristiche, a cominciare dagli splendidi castagneti, in un quadro che però sta diventando problematico con la scomparsa dell'ultima generazione di montanari, capaci di un sapiente equilibrio e mantenimento dell'ambiente.
Un elemento nuovo è invece lo sviluppo del terziario, con tre strutture alberghiere (due nella Villa, una in borgata Chiappue (Chapeuve), che hanno accresciuto la capacità ricettiva  e la loro notorietà, facendo bene sperare per il futuro.
Il rapporto tra la Villa e le borgate si è definitivamente rovesciato: il centro delle attività economiche e della vita sociale è la prima, mentre le seconde sono legate al ritorno periodico, ma stagionale, dei figli degli emigrati, o alla  presenza dei proprietari di seconde case.

 Per concludere.  In questi mille anni gli uomini che popolavano la valle di Valloriate hanno convissuto in modo equilibrato con l'ambiente naturale (pure se abbastanza ostile), e di questo la Valle è ancora lo specchio suggestivo (un ambiente naturale con punti di rara bellezza, a cominciare dai ripidi pendii del monte Tajaré e dal suo splendido panorama). Ma i valloriani hanno anche lasciato segni e tracce sui luoghi che hanno  abitato, coltivato, modificato, segnando il territorio con le rouà, i fienili e i granai (porti, chabot), segni devozionali ed edifici di culto (piloni, cappelle, chiese), e soprattutto una fitta rete di strade da carretti, mulattiere, sentieri. È questa storia complessa che vi invitiamo a ripercorrere nel nostro sito: la storia di Valloriate è anche la storia delle sue parti. E naturalmente, dopo il percorso virtuale, ci auguriamo anche che esso venga convertito in un percorso reale, in estate all'ombra dei castagni, in inverno con le "ciastre" o gli sci da fondo escursionistico, in primavera tra i fiori del Tajaré, in autunno sotto le foglie rosse dei ciliegi selvatici. 
 


(l.m.)


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