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Donia

 

La Donia

 

 Il nome: in italiano Donia (talvolta Donnia su documenti catastali e notarili), ma in valourian sempre con l'articolo: La Donia, analogamente a La Nova, I Bardengh e casi simili. "...come si pronuncia «La Nova», così si dice «La Donia»" (Cristini, 1959, p. 68).

Ubicazione: è la più orientale delle borgate "alte" (oltre i 900 m.) dell'Adrech. Si trova a 990 m. sul livello del mare, coordinate GPS: N 44° 20.637', E 007° 22.892' .

Il percorso è segnalato da cartelli stradali. Dalle ultime case di Valloriate, all'altezza della frazione Molino e del bivio per Chiotti, si prende la strada asfaltata che sale alla borgata Bardenghi (I Bardengh); più in alto, dopo alcuni tornanti, all'altezza della Cappella di S. Bernardo (ben visibile a destra) si prosegue diritti, lasciando a sin. la strada per Bardenghi. Poco più avanti si lascia a sin. la deviazione per la borgata La Nova, si scende leggermente, si costeggiano le case della località Al Mourtin e si raggiunge l'insieme delle case, oggi pressoché tutte crollate, della borgata La Donia.

Storia: la costruzione più antica identificabile con certezza è quella che reca, ancora visibile, la data "1862".

Tuttavia è molto probabile che anche questa borgata, come tutte quelle in quota, risalga all'epoca della ripresa demografica e agli spostamenti degli insediamenti abitativi operati tra XVII e XVIII secolo. Il capostipite di una delle principali famiglie abitanti la borgata, Matteo Monaco (1662-1743) era originario del fondovalle; si trasferì poi alla borgata La Nova insieme al fratello Sebastiano. A lui o ad alcuni dei suoi figli va probabilmente attribuita la fondazione della Donia.

La Donia si componeva di una decina di edifici disposti lungo la strada che collegava La Nova a Gaiola. Come si può vedere dalla mappa qui sotto, la strada aveva un percorso leggermente diverso, nella parte iniziale, rispetto all'attuale (che corre a valle, anziché a monte, del primo gruppo di case, compreso tra i nn. 60 e 57 della mappa). Attualmente le case sono per la maggior parte crollate ed è difficile immaginare come, agli inizi del XX secolo, vi vivessero diverse famiglie, per un totale di circa 30 persone (negli ultimi anni, comunque, i due edifici più a monte - Nord -  dell'antico tracciato sono stati modernamente ristrutturati e si presentano in ottime condizioni architettoniche).

 

La fontana originaria, ricavata da uno scavo all'inizio della borgata, forniva una modesta quantità di acqua (che si attingeva con secchi da una vasca interrata ancora visibile) ed era integrata da un'altra sorgente più a valle. Acquedotto (una piccola fontana pubblica, lungo la strada, a 20 metri dalle prime case), strada carrozzabile e luce elettrica sono arrivati alla fine degli anni '60, quando la borgata era ormai praticamente spopolata. Oggi solo due case a monte sono state modernamente ristrutturate.

Il forno in pietra (n. 52 nella mappa catastale sopra riportata), attualmente in grave stato di degrado e abbandono, si trova lungo la via principale, a est delle ultime case (direzione Gaiola); l'interno è in mattoni (ma sono stati asportati i piani in refrattario).

A ovest della Donia (di cui fanno parte, pur essendo a circa 100 m. di distanza) si trovano le case della località "Mourtin", un gruppo di quattro edifici dal marcato carattere rurale (stalle, fienili, cantine e stanze di abitazione) costruiti a iniziare dal 1915 (principalmente i nn. 474-476 della mappa sopra riportata).

Fanno parte del circondario della borgata alcuni caratteristici chabot, purtroppo anch'essi gravemente lesionati dall'abbandono: il Fort dël babi (a cui è associata una leggenda; nn. 72, 74, 76 della mappa) e i Chabot 'd la Donia (più in alto, a quota 1050), oltre a una serie di porti ("portici": costruzioni in muratura, con tetto in làouse ("lose") e uno o più lati aperti, adibiti alla conservazione di fieno o foglie, a volte forniti di aia per la battitura del grano o della segale).

Popolazione: i dati a disposizione sono tutti relativamente recenti. Nel 1897 la borgata registrava 28 abitanti. Il numero è in crescita nei censimenti successivi: 29 abitanti nel 1925, 32 nel 1931. Vent'anni dopo il numero è dimezzato (14 nel 1951) per azzerarsi negli anni '90.

Economia: prevalentemente gli abitanti svolgevano attività di piccoli allevatori e produttori di patate e castagne, fonte principale di reddito, oltre a praticare coltivazioni di grano, segnale, grano saraceno, canapa (per produrre tessuti) in genere in una prospettiva di autosufficienza.

Tra le piante da frutto più diffuse, la ciliegia "griotta", la ciliegia "neriana di Spagna" , alcune varietà di mele ("dolcetta", "tarantasca"), di pere ("Loundra") e di prugne. Da segnalare una curiosità: nei pressi della Donia rimangono ancora alcuni esemplari di Nespolo comune (Mespilus germanica L.), innestato su biancospino, che produce frutti di grandezza media e di ottima qualità (se ne possono vedere due piante presso la località Mourtin, altre si trovano verso La Nova e il Passet). Il frutto è chiamato nespou in valourian, e corrisponde a puciu moi in piemontese.

Nativi della Donia: Erano nati alla Donia due caduti nella prima guerra mondiale, Giovanni Monaco (1893-1918) e Matteo Monaco (1883-1922, deceduto per lesioni riportate in prigionia).

Era anch'egli originario della Donia Giovanni Monaco (1915-2007, figlio di Matteo citato sopra), comandante partigiano entrato nella Banda Italia Libera nell'ottobre 1943, salito a Paraloup proprio partendo da questa borgata. Ha pubblicato le proprie memorie partigiane nel 1955; negli anni '90 ha scritto per la Voüs una serie di racconti in valloriano (vedere sezioni Biblioteca e La Voüs del sito).

 

(l.m.)


 

 




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