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Dounìs: “Dionigi”, dal nome di un antico proprietario del luogo, il cui nome è già registrato nel catasto del 1666. Piccola frazione a metà del versante che costituisce la dx  orografica del vallone di Valloriate; un tempo abitata da due famiglie e ora deserta. Vi rimangono in buono stato alcune costruzioni: stalli, fienili, cucine ed un forno. I muri sono in pietra e calcina, mentre i tetti sono in lamiera zincata.

 
Testimonianza di Renaudo Attiglio (Tiglio):
 
Strada: per raggiungere la borgata di Dounìs, dopo aver oltrepassato la frazione Chiappue, si lascia la fondovalle per imboccare la prima deviazione a sinistra. Dopo aver percorso i primi 500 metri sempre su strada asfaltata, si prosegue a sinistra lungo una carrareccia   che in breve conduce alla frazione.
Anticamente esisteva una mulattiera che si staccava dal fondovalle prima della frazione Chiappue, detta “Via Fourcha” (biforcuta); il sentiero infatti si biforca in prossimità di una zona prativa, alla quale il percorso ha esteso la sua denominazione. Le diramazioni del viottolo conducono rispettivamente a Barentel e alle Scoumba. Dell’antico camminamento si intravede ancora il tracciato iniziale che, invece a monte, è stato cancellato dall’asfalto. Attraverso questo viottolo i beni di prima necessità raggiungevano anche le frazioni Pedoia Dounis.
 
Storia: solamente quattro abitazioni, il cui tetto era inizialmente in paglia.
La cappella di riferimento era quella del Sapé, intitolata al Santo Nome di Maria (la Madonna dal Sapé).
 
Fontana: nella frazione ci sono due fontane: la prima è detta dei “Pigre”, sgorga in posizione elevata verso la borgata Pedoia; la seconda denominata dei “Bousquét”, più distante, ha meno portata seppur l’acqua sia più fresca.
In prossimità della vecchia strada dipartiva un piccolo rio, che sgorgava dal luogo detto “fountana grossa”, la cui acqua veniva utilizzata per l’irrigazione.
 
Forno:  è situato sul limitare della frazione e fu costruito nel 1903. Esso è tuttora in uso, poiché è stato oggetto di ristrutturazione che ha comportato la sostituzione della copertura in lose con lamiera.
 
Riparo: vi è un solo chabot di pertinenza della frazione che si trova a circa 400 metri verso monte.
 
Scuola: bambini e bambine (menà) si recavano a scuola a Airale (L’Eràl), il capoluogo (la Vila).
 
Popolazione: fino all’anno 1920 quattro erano le famiglie residenti, ma già nel 1935 non ne restavano che due: i Renaudo e i Bruno.
Gli ultimi abitanti in ordine di tempo sono stati: Attilio Renaudo emigrato nel 1963, Renaudo Tommaso (detto Malìn) e Iolanda Bruno.
Originario del luogo, seppur vi abbia dimorato per un breve periodo, era Gino Renaudo, partigiano caduto in battaglia nel 1944.
 
Economia: le coltivazioni erano: fieno per gli animali, segale (sel) , grano saraceno (luzira o fourmentin), patate (bodi), frumento (bià).
L’allevamento riguardava le mucche (vacha), pecore (fea) ,capre (chabra),conigli (cunich) e galline (jalina), animali dai quali si otteneva non solo sostentamento alimentare, ma prodotti quali uova, (j’oeuv) latte (lach),burro (bur), formaggio (fourmage), oggetto di commercio. In autunno ci si dedicava alla raccolta e quindi alla vendita delle castagne.
Durante l'inverno l'attività principale era la vendita del legname
Nel dopoguerra la popolazione iniziò a cercare lavoro all'estero dapprima a Hyères come lavoratori nelle vigne e successivamente alla Michelin di Clermont-Ferrand (in occitano Clarmont-Ferrand o Clarmont o letterariamente Clarmont d'Auvèrnhe)
 
Curiosità: tra i residenti si tramandava uno strana credenza ovvero che, nella borgata, mai il numero degli abitanti avrebbe dovuto eccedere le 27 persone. Se ciò fosse successo, ben presto “la morte” avrebbe ristabilito l’equilibrio.


 

 


 



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